Chiesa di Santo Stefano a Venezia

La chiesa di Santo Stefano a Venezia

La Chiesa di Santo Stefano a Venezia

L'arrivo dei frati "eremiti di Sant'Agostino", detti ora semplicemente Agostiniani, a Venezia porta la data del Marzo 1242. I frati agostiniani si stabilirono prima a Treviso e a Verona, quindi a Padova e a Vicenza. 
A Venezia si stabiliscono nelle vicinanze di San Pietro di Castello, sui quali sorgerà la Chiesa dedicata a Sant'Anna e Santa Caterina e l'annesso convento e cimitero, proprietà che poi saranno cedute alle monache benedettine al termine della costruzione della Chiesa di Santo Stefano. 
Un'altra comunità di frati agostiniani era presente nell'isola di Santa Maria di Nazareth ed una terza nell'isola di Sant'Erasmo. 

 

Gli agostiniani di Santo Stefano

Nel 1256 le tre comunità di frati agostiniani, ospitate in tre diversi conventi, si riuniscono nel convento di Sant'Anna ed anche il maggior consiglio accumuna i "fratres eremitani de Sancta Anna de Castello". Le testimonianze di numerose donazioni e le richieste di entrare nell'ordine dimostrano che la comunità è stata ben accolta dalla cittadinanza. In tali condizioni è normale cercare una sede più capiente che i frati identificano nella parrocchia di Sant'Angelo, un appezzamento di terreno su cui vi erano anche delle case, su sui sorgerà il convento e la Chiesa dedicata a Santo Stefano.

Chiesa di Santo Stefano a Venezia

La Chiesa di Santo Stefano, la costruzione

Il 7 giugno del 1294 un atto pubblico è testimone della benedizione della prima pietra della costruenda Chiesa di Santo Stefano.
L'atto dice che i:

fratres eremitani ordini santi Augustini dopo il consenso del pievano della Chiesa di Sant'Angelo benedice solennemente la prima pietra della chiesa che i frati costruiranno ad onore di Dio e sotto il titolo del beato Stefano protomartire 

Seguirà la posa della pietra, la messa solenne accompagnata da predica pubblica e da dichiarazioni del Vescovo, del pievano e dei canonici della parrocchia. 

Come detto la precedente sede sarà posta in vendita e verrà acquistata dalle monache benedettine che firmano l'atto di acquisto il 4 Agosto 1297 a firma della badessa Maria Zotto. 

La Chiesa di Santo Stefano, interni

La Chiesa di Santo Stefano: la concezione

La chiesa di Santo Stefano rimarrà in mano agli Agostiniani fino al 1810 data in cui hanno luogo le soppressioni napoleoniche

Ma prima di parlare del triste epilogo vediamo le caratteristiche della Chiesa di Santo Stefano. 
La concezione dell'edificio deve essere riferita ad una congiuntura storica specifica ed ad una cultura architettonica particolare. Venezia, in quegli anni, era una città multiculturale, cosmopolita, che metteva a disposizione dei costruttori molteplici linguaggi architettonici. Questo spiega la disomogeneità dei singoli elementi che compongono questa chiesa che intreccia influenze inglesi (il decorate style) con quelle lombarde. 

posizione chiesa santo stefano a Venezia

 

Come per quasi tutti gli edifici di questo periodo non abbiamo il nome dell'architetto che ha concepito la chiesa e che ha riunito questi differenti linguaggi in un unico edificio. 


 

Altre foto della Chiesa

Chiesa di Santo Stefano, la costruzione

Chiesa di Santo Stefano, la costruzione

Francesco Sansovino fissa la data della costruzione della chiesa al 1325, altri storici propongono di spostare la datazione alla prima metà del Quattrocento.

Gli studiosi che propongono una datazione successiva fanno notare che Venezia si è dimostrata particolarmente e tenacemente affezionata al linguaggio Gotico. Questi stile, qui, è persistito molto più che nel resto d'Europa, sebbene modificato. Si parla infatti di gotico Veneziano per indicare l'influenza del lontano oriente sul gotico, un linguaggio architettonico di provenienza germanica ed influenzato da Francia ed Inghilterra. 

Il Gotico veneziano era divenuto il linguaggio ufficiale, convenzionale della Repubblica, ed a Venezia gli edifici continuavano ad essere costruiti con quello stile che era anche quello di Palazzo Ducale. 

La Chiesa doveva essere sostanzialmente conclusa tra il 1430 ed il 1450 dato che abbiamo testimonianze di pittori che vi lavorano all'interno. 

 

Chiesa di Santo Stefano, i pavimenti

Le Chiese conventuali: Santo Stefano, Frari, Zanipolo

Non è difficile cogliere la distanza tra le grandi chiese conventuali veneziane: Santo Stefano, Santa Maria Gloriosa dei Frari e San Giovanni e Paolo. Gli ultimi due sono eventi edilizi estranei alla tradizione costruttiva veneziana, una tradizione che privilegia la leggerezza delle strutture per evitare i pesi eccessivi che si devono scaricare su un terreno fangoso, plastico e deformabile.

I domenicani ed i francescani, insediandosi a Venezia, tendono a marcare la loro autonomia rispetto alla Repubblica che li ospita, anche con lo stile delle loro chiese ed anche con la posizione, più defilata rispetto a piazza San Marco. La logica costruttiva delle due grandi basiliche è quella delle costruzioni romaniche europee. Basti pensare all'altezza ed al peso delle colonne interne di San Giovanni e Paolo e della Chiesa dei Frari, oppure alla massa dell'abside.

Gli Agostiniani si muovono, invece, con una logica diversa. Essi mostrano in modo esplicito di accettare la tradizione edilizia veneziana, usano le maestranze locali e fanno propri i costumi di leggerezza strutturale e di trasparenze murarie che caratterizzano i metodi costruttivi dei veneziani. Le colonne si riducono di altezza e di diametro ed anche il soffitto, a carena di nave, sembra sottolineare il legame tra i frati e la Repubblica.  

L'edificio stesso rappresenta, forse, anche una critica alla superbia degli edifici sacri dei Francescani e dei Dominicani.

La Chiesa di Santo Stefano, particolarità

Uno dei particolari della chiesa di Santo Stefano è l'impressione di notevole lunghezza, maggiore al vero, questo grazie alla progressiva riduzione, bel calibrata, della larghezza delle navate. 

pianta chiesa di santo stefano

Un'altra è l'alternanza delle colonne in Rosso di Verona ed in marmo greco, sia in senso longitudinale che frontale in modo che ad una colonna Rossa nel lato destro, corrisponde una colonna bianca sul lato sinistro. Anche questo contribuisce a creare un movimento illusionistico. 

Grandiosa è l'abside coperta con una semicupola con la tipologia strutturale a creste e vele e con le costolature in elementi di cotto finemente lavorati. L'abside ha sette enormi finestre aperte a levante attraverso le quali, nelle ore mattutine, entra moltissimi luce, quasi ad abbagliare chi cercasse di guardare il luogo sacro. 

Ma tra tutti il particolare più suggestivo è il canale che passa al di sotto della chiesa, il Rio del Santissimo. Questo canale inizia dal Canal Grande e termina in prossimità di Campo Sant'Angelo ed è l'unico a Venezia che passa al di sotto di ben due edifici: la Chiesa ed il Convento di Santo Stefano.
Nel suo ultimo tratto questo canale cambia nome in Rio Malatin. Naturalmente nessun trasporto pubblico può passare per il Rio del Santissimo perché lo spazio è davvero ridotto. Si riesce a passare solo con piccole imbarcazioni ed in condizioni di bassa marea. 

 

Chiesa di Santo Stefano, costruita sopra al rio del santissimo

Chiesa di Santo Stefano, la facciata

La facciata è delimitata da due robusti pilastri ai lati ed è conclusa, nella sommità, da una successione di archetti e sormontata da piccole edicole poste sopra i due pilastri laterali ed, in sommità, in corrispondenza del colmo del tetto. 

Particolarissimo è l'uso in facciata di finestre che, prima di allora, erano state usate solo sui lati delle chiese. L'apparizione di queste grandi aperture non solo articola e arricchisce la composizione della facciata, ornata peraltro da due oculi di diversa misura, ma costituisce una singolare anomalia che conferisce a gusto edificio un certo carattere. 

Un elemento fondamentale della facciata è l'importante basamento che raccoglie, alle sue estremità, anche il carico dei due pilastri quadrati che delimitano lateralmente la facciata. In alto il basamento è delimitato da una fascia dentellata in pietra bianca che si estendono da un contrafforte all'altro. 

Il basamento dialoga con il portale della chiesa che non è più isolato ma è parte del basamento di cui occupa la parte centrale. 

Il portale rivela una sorprendente assonanza con quanto si sta, in quell'epoca, facendo alla Ca' D'Oro dove Matteo Raverti e Bartolomeo Bon stanno mescolando sapere lombardo e veneto per dar luogo ad accostamenti e decorazioni mai viste prima. 

Chiesa di Santo Stefano, il portale

Sopra al basamento che ingloba il portale è posto un elemento scultoreo di grande importanza e di straordinaria fattura: un arco a sesto acuto sormontato da una successione di foglie che si susseguono, come delle onde in movimento. Quest'arco è contenuto, ai lati, da due piliferi che scaricano il loro peso su speciali mensole ottenute da un sapiente risvolto dell'arco stesso. 

Chiesa di Santo Stefano, il portale

L'arco è concepito con una ricchezza compositiva e scultorea senza confronti. I piliferi sono di accuratissima fattura e le foglie d'acanto sembrano muoversi per quanto bene sono realizzate. A completare e ad arricchire la composizione una serie elaborata di archetti sono stati posti all'interno dell'arco. La bellezza e la precisione della fattura è tale da far attribuire l'opera a Bartolomeo Bon che cronologicamente e culturalmente è l'unico in grado di produrre un capolavoro del genere. 

Il vuoto che osserviamo all'interno dell'arco (che per un periodo fu riempito con un affresco) rimane un mistero a cui non è stata data risposta. Forse era destinato a ospitare una scultura atta a celebrare un privato donatore o una famiglia? (come Francesco Foscari che nella porta della carta di Palazzo Ducale è inserito in un arco simile). 

Chiesa di Santo Stefano, il campanile

Il campanile della Chiesa di Santo Stefano, staccato dal corpo della chiesa, con i suoi 66 metri è uno dei più alti di tutta la città.
La sua particolarità è di essere storto, ma non poco...

Il campanile è in piedi per miracolo, è proprio il caso di dirlo, e in più di un’occasione ha rischiato di passare a miglior vita. Tanto per cominciare, non nasce fortunatissimo. Durante la sua costruzione, raggiunta un’altezza di circa 30 metri, un cedimento delle fondamenta lo fece inclinare. Tuttavia i lavori continuarono ed è per questo che oggi lo vediamo così, mezzo zoppo (l’inclinazione dalla sommità alla base è di 2 metri circa).

E, nel 1902, in seguito al crollo del campanile di San Marco, anche quello di Santo Stefano ha seriamente rischiato di essere abbattuto ed è grazie al parroco Don Paganuzzi, che fece di tutto per impedirne l’abbattimento.

Un paio di anni più tardi gli ingegneri Crescentino Caselli e Costanzo Antonelli crearono delle opere di rinforzo che, a tutt’oggi, lo tengono in piedi senza farlo cadere. Come si vede osservandolo il campanile è costantemente monitorato in maniera, nonostante il rischio di crollo sia ormai lieve grazie ai rinforzi.

Non è aperto al pubblico. 

Chiesa di Santo Stefano, il campanile FOTO

Il "regalzier" all'interno della Chiesa di Santo Stefano

Il regalzier è la riproduzione dipinta di un finto muro in mattoni realizzato con la tecnica dell'affresco. In diverse chiese  Ad un fondo rossastro vengono pennellate delle linee bianche per imitare le fughe tra i mattoni. Questa operazione veniva compiuta su un vero muro di mattoni, per cui la domanda sorge spontanea: ma per quale motivo nascondere i veri mattoni dipingendoci sopra dei mattoni finti? 

La ragione d'essere di questa operazione deriva dal fatto che i mattoni, in quegli anni, avevano differente formato, varie origini, differenti colori, anche a causa del reimpiego di mattoni da costruzioni demolite. Con il regalzier si vuole rendere più omogeneo l'aspetto della parete.

Nella Chiesa di Santo Stefano troviamo le pareti dipinte non con un semplice regalzier bicorno, ma "ad ammattonato quadricromo": con crocette bianche, quadretti neri e rombi rosso-rosati. 

Regalzier: foto

Sul regalzier si veda questo studio di Mario Piana ed Edoardo Danzi in Inglese ed Italiano. 

Chiesa di Santo Stefano, Venezia: il convento

Chiesa di Santo Stefano, la tomba di Francesco Morosini, il Peloponnesiaco

Francesco Morosini, detto "Il Peloponnesiaco" nacque nel 1619 e morì nel 1694 e fu Doge della Repubblica eletto nel 1688.

La famiglia patrizia dei Morosini, che gli diede i natali, fu una delle famiglie più importanti della città. 

Fin da giovane Francesco dimostrò interesse ed inclinazione per gli aspetti militari finendo per intraprendere la carriera che gli permise di diventare Capitano generale da Mar.

Contribuì alla sfiancante resistenza contro gli ottomani che attaccarono e conquistarono l'isola veneziana di Candia (oggi Creta) dove i veneziani per 23 anni resistettero ai continui attacchi dei Turchi. 
Il lungo assedio si concluse con la pace, firmata nel 1669 con una trattativa onorevole che permise al Morosini di diventare Procuratore di San Marco. 

Il soprannome "Peloponnesiaco" si deve alle successive guerre di riconquista di territori greci, tra cui, appunto, la Morea o Peloponneso.
Il suo busto è l'unica statua di Doge ad essere tuttora esposto dentro Palazzo Ducale mentre la sua tomba si trova in questa Chiesa di Santo Stefano. 

Chiesa di Santo Stefano, tomba del peloponnesiaco


Al Peloponnesiaco, o meglio ad un suo subalterno, dobbiamo anche, purtroppo, un evento spiacevole: un colpo di mortaio sparato erroneamente contro il Partenone fece esplodere la polvere da sparo che i turchi avevano stipato all'interno trasformando il bellissimo tempio nelle rovine odierne. 

Il 6 gennaio 1694 Francesco moriva, ormai vecchio e ammalato, a Nauplia dove, nonostante l'età stava ancora conducendo una campagna militare. 
Un imponente corteo militare rese omaggio alla sua bara, posta su un grande catafalco nella chiesa di Sant'Antonio, dove furono sepolti il cuore e le viscere. Poi la salma fu trasportata a Venezia e tumulata nella chiesa di San Stefano.

Chiesa di Santo Stefano, il coro

Il coro sistemato nella Chiesa tardo gotica di Santo Stefano degli Agostiniani era così grande che si estendeva per un terzo della navata centrale. 

Sebbene fosse dello stesso tipo di quello dei Frari (un muro divisorio di pannelli e rilievi delimitato da colonne o pilastri regolari) è da considerarsi un po' più avanzato. 
Alcune sculture sono forse attribuibili a Vittorio Gambello, figlio di quell'Antonio che fu l'architetto ad iniziare la Chiesa di San Zaccaria o forse a Pietro Lombardo o a qualcuno della sua bottega. 

Nel 1613 il coro fu demolito ma ne vennero accortamente risparmiate alcune parti per decorare le pareti del presbiterio, tuttora visibili. 

Il coro della chiesa di Santo Stefano

La zona inferiore del coro è rivestita di pannelli tra pilastri poligonali che sostengono una trabeazione in miniatura. Sopra ci sono delle piccole colonne di cipollino con capitelli del primo rinascimento di vario tipo che sostengono una ulteriore trabeazione con un'altra cornice di convincente fattura classica. In cima si ergono apostoli di marmo a grandezza naturale. 

Fra' Agostino e le uova in cambio di... arte

Il 31 Dicembre 1768 muore a Venezia fra' Agostino del Convento di S. Stefano.

Mosso da grande amore per la sua chiesa, quest'umile fraticello aveva escogitato un curioso sistema per abbellirla con sempre nuove suppellettili sacre: nel chiostro del convento aveva organizzato un grande allevamento di galline, e con quanto ricavava dalla vendita delle uova acquistava mobili, paramenti, candelabri e anche quadri.

La pala d'altare « S. Agostino sconfigge le eresie» di Giustino Menescardi fu pagata (a quanto si dice) con il guadagno ricavato dalla vendita di migliaia e migliaia di uova.

 

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